Da storia nasce storia, come un sasso nello stagno (di Elisa Vincenzi)
Come durante una lettura coi bambini, accogliere le loro suggestioni per creare altre storie.
Quando penso al flusso creativo e all’arte di scrivere, non posso fare a meno di citare il celebre esempio del sasso nello stagno, riportato dal grande Gianni Rodari nella sua Grammatica della fantasia.
Un sasso gettato nello stagno provoca delle onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo con diversi effetti tutto ciò che si trova nell’acqua.
Allo stesso modo, “una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena” (da Grammatica della fantasia, G. Rodari, ed. Einaudi)
Una parola può quindi suscitare emozioni, sensazioni, ricordi, idee, immagini… che a loro volta danno vita a nuove parole.
Se una sola parola ha il meraviglioso potere di suscitare tante reazioni, che cosa può succedere quando “lanciamo” più parole nello stagno?
Che cosa succede quando raccontiamo una storia? Che cosa avviene quando uno scrittore incontra i suoi lettori? Nello specifico, che cosa accade quando un autore o un’autrice incontra un pubblico di bambine e bambini?
Un giorno in biblioteca, stavo leggendo a un gruppo di giovanissimi, le avventure di un bimbo che non aveva potuto indossare la sua felpa preferita, perché secondo la sua mamma era sporca.
Dal pubblico è arrivato immediatamente un commento ad alta voce: “È proprio quello che è successo a me stamattina! Volevo mettermi la felpa a righe ma mia mamma ha detto di no…”
Ovviamente questo intervento ha dato il via a una serie di questioni e considerazioni da parte degli altri bambini presenti.
Chi ha raccontato di quando non ha potuto mangiare tutta la cioccolata che voleva, chi di quando invece è riuscito a giocare a casa dell’amico o di che cosa è successo quella volta che con la bicicletta…
Di quel pomeriggio ricordo le strategie proposte ed escogitate, per poter aggirare i divieti degli adulti, e lo sguardo soddisfatto di chi aveva dato il proprio contributo a quelle nuove idee.
Qualche tempo dopo, in una scuola dell’infanzia, stavo invece raccontando di un elefante che avanzando lentamente con le sue grosse zampe, produceva tanti suoni, BUM bom BUM bam, modulando e variando il tono della voce durante la lettura.
Il commento di un bimbo di quattro anni è stato: “I suoni più piccoli forse sono dei bambini dell’elefante!”
Da questo spunto ne è nata una breve storia sui giochi preferiti che stavano facendo in quel momento i piccoli elefantini.