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Come trasformare i propri studenti da surfisti dei contenuti a lettori critici e appassionati. Intervista a Jenny Poletti Riz, che ha introdotto e sperimentato per la prima volta in Italia la metodologia del Writing and Reading workshop.

di Luisa Carretti
Socia ICWA ed Editore per ragazzi

Jenny Poletti RizIn un momento storico in cui arriva notizia della chiusura di tante librerie indipendenti e di catena, mentre i dati diffusi di recente da Aie registrano una crescita di fatturato del +4,9% per l’editoria di varia (romanzi e saggi in formato cartaceo e e-book), per i ragazzi in età di scuola secondaria di primo e secondo grado, la lettura sembra non essere in cima alle priorità. I recenti test PISA-OCSE, ad esempio, registrano un crollo delle performance di lettura nelle adolescenti italiane, che leggerebbero sempre meno e avrebbero difficoltà di comprensione di un testo. Ma quali strumenti e strategie si possono attivare per promuovere in modo efficace la lettura? Jenny Poletti Riz, docente di lettere, formatrice e autrice di Scrittori si diventa (Erickson 2017), ha introdotto e sperimentato per la prima volta in Italia la metodologia del Writing and Reading workshop, creando intorno al suo blog scuolaaumentata.it e al blog italianwritingteachers.it una comunità di insegnanti di vario grado che applica in classe e con successo il metodo.

Partiamo dai test PISA-OCSE. Quali sono le cause del calo di performance di lettura nelle adolescenti italiane e come correre ai ripari?

Lo studio riporta che il gap fra le prestazioni dei ragazzi e quelle delle ragazze si è ridotto.

Da insegnante e formatrice penso sia vero che i ragazzi di oggi, forse per via del tempo lungo passato sui social, abbiano una resistenza più bassa alla lettura. Non riescono a leggere testi lunghi, andare in profondità e hanno difficoltà di comprensione. Quest’ultima va sostenuta con un ambiente di apprendimento favorevole e con l’insegnamento esplicito di strategie adeguate. Un esempio banale di strategia da insegnare è “cosa fare quando perdiamo il filo in un libro”. Un lettore esperto torna indietro fino al punto in cui si è distratto e riprende la lettura, molti studenti, invece, continuano ad andare avanti anche se non hanno capito niente. Dobbiamo sostenere il lettore e questo è solo un piccolo esempio.

 

In un articolo del tuo blog indichi la lettura come una delle armi più potenti per tenere accese le stelle. Cosa intendi?

Sono partita dalla condizione di “sdraiati” di cui parla Michele Serra, di cui siamo responsabili noi adulti: invece di far conoscere la bellezza del mondo inviamo troppi stimoli, positivi e negativi, senza filtri. Il risultato è una desensibilizzazione e la creazione di scudi di protezione che rendono poco empatici. La lettura di fiction, di testi completi come romanzi, può invece creare un ponte fra noi e gli altri anche attraverso una naturale alfabetizzazione emotiva. Importante anche la non fiction, che, se liberata dallo strato di polvere di cui l’ha coperta la scuola, può aiutare a tener vive e ad approfondire le passioni. Gli studenti sono come dei surfisti, come dei colibrì che saltano da una parte all’altra: la scuola deve contrastare questo e insegnare loro a cogliere il senso profondo, deve abituarli alla lentezza.

 

Che ruolo assume quindi l’insegnante nella relazione fra studente e lettura?

L’insegnante deve diventare quel lettore adulto gioioso, appassionato ed esperto che si trasforma in un catalizzatore di lettura. Deve condividere tecniche di lettura e passione e non imporre lavori compilativi percepiti come negativi dallo studente, come ad esempio la scheda di lettura. Nella secondaria di primo grado non si legge quasi più: capita che i ragazzi passino tre anni senza leggere nemmeno un libro in classe, che per molti è l’unico ambiente in cui si sperimenta la comunità. Trasformare la classe in una comunità di lettori è invece un’arma potentissima che porta a un’influenza reciproca fra pari e sappiamo quanto questo sia rilevante ed efficace anche per crescere lifelong readers.

Invece gli scrittori? Come possono contribuire all’educazione di lettori critici e appassionati?

Innanzitutto devono tenere alto il livello della loro produzione. Non è scontato visto che tanta letteratura per ragazzi si piega alle necessità del marketing. Gli incontri con l’autore sono poi necessari per dare la percezione che la letteratura sia qualcosa di vivo, per tenere aperto il dialogo sui libri, ma anche per capire il processo di creazione, di scrittura. A mio parere gli incontri a scuola devono essere personalizzati per ogni singola classe. L’autore dovrebbe essere disponibile al dialogo, confrontandosi con l’insegnante e concordando il lavoro in base agli obiettivi. L’incontro deve essere contestualizzato: può rappresentare un momento di avvio o di conclusione di un percorso che l’insegnante porta avanti con i suoi studenti.

Veniamo ora al metodo del Writing and Reading workshop. In cosa consiste e come nasce?

Più che un metodo è un approccio pedagogico che arriva dalla Columbia University. Si tratta di didattica laboratoriale in cui l’insegnante diventa una guida che, nel suo ruolo di coach e maestro artigiano, educa una comunità di lettori critici ed esperti dando supporto, feedback e strategie agli studenti che passano tempo continuativo a scrivere e leggere in classe. Il processo è più importante del prodotto e lo scambio con la comunità (la classe), che dà stimoli e feedback, è fondamentale. L’insegnante aiuta lo studente a trovare la propria voce, partendo dai propri interessi, dalle proprie capacità e personalizzando il più possibile il percorso.

Quali sono le obiezioni e i timori più frequenti degli insegnanti riguardo al metodo?

Credo che ci sia la paura di perdere il controllo sulla classe e a volte un senso di inadeguatezza. Questo metodo implica un aggiornamento sulla letteratura per ragazzi, la conoscenza di tecniche e strategie di scrittura e lettura e un cambio di prospettiva. Non è la scuola dei voti, ma una scuola in cui l’insegnante deve personalizzare, preparare il percorso. C’è poi la paura di non riuscire a portare avanti il programma: “Se passo tanto tempo a farli leggere e scrivere quando insegno i contenuti?” è una delle obiezioni più frequenti, nonostante in realtà le Indicazioni Nazionali prevedano come unico aspetto prescrittivo i traguardi di competenza.

Potresti dare tre consigli a un insegnante che vorrebbe portare avanti un progetto simile al tuo?

Innanzitutto partecipare a corsi di formazione intensiva, perché così si entra nel flusso, poi trovare compagni di viaggio, uno o due insegnanti con cui fare piccola comunità, studiare e sostenersi; leggere la letteratura contemporanea, perché un classico è un punto d’arrivo non un punto di partenza. Ho, infine, un quarto consiglio: conoscere i loro studenti come persone per capire quali libri possono piacere, perché se ho davanti un lettore inesperto devo sapergli consigliare il libro giusto.