Autore: ICWA

L’Atlante di Save the Children e i no alla violenza sulle ragazze

Vichi De Marchi(Scrittrice e curatrice dell’Atlante dell’Infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine” di Save the Children)
La Giornata internazionale contro la violenza verso le donne, che le Nazioni Unite celebrano il 25 novembre, ci ricorda quanto il fenomeno sia diffuso e da combattere. Nel pieno della pandemia da Covid -19, la scorsa primavera, il Segretario generale delle Nazioni Unite aveva lanciato l’allarme: nel chiuso delle case si stavano consumando molte più violenze.Anche in Italia i dati su donne e minori raccontano di una vera e propria emergenza che, tuttavia, sfugge in parte alla statistica.
Secondo le stime ISTAT, basate su interviste a campione condotte su tutto il territorio nazionale, in Italia 6 milioni 788 mila donne avrebbero subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, dato più o meno confermato anche a livello europeo.Quasi sempre i reati più gravi sono commessi dai partner attuali ma ancor più dagli ex.

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SCAMPIA STORYTELLING – EDIZIONE 2020

SCAMPIA STORYTELLING RITORNA anche quest’anno, nonostante le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria
Venerdì 4 DICEMBRE 2020
Il 4 dicembre 2020 si apre a Napoli la settima edizione di “Scampia Storytelling”, il progetto di ICWA (Italian Children’s Writer Association) nato nel 2014 e curato da Rosa Tiziana Bruno per raccontare storie, creare festa attorno al mondo dei libri e dare voce a una delle più problematiche periferie d’Italia: Scampia. Dal novembre 2014 Scampia è diventata infatti un’officina di narrazione, un posto dove le storie arrivano, da vicino e da lontano, per farsi raccontare. Una maratona di lettura, e che dallo scorso anno viaggiare arrivando anche nelle periferie lombarde, con l’obiettivo di espandersi sempre più.
In Lombardia l’appuntamento con Scampia Storytelling è previsto nella periferia di Milano, presso l’Istituto Comprensivo “Sorelle Agazzi”, plessi scuola primaria di via Gabbro e piazza Gasparri, e nella periferia di Varese, presso l’Istituto Comprensivo Varese 1 – Scuola IV Novembre sempre venerdì 4 dicembre.

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Giornata mondiale dei Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Più letture e libri ai bambini per accrescere le loro potenzialità e il loro benessere.
In occasione del 20 novembre, una riflessione su l’importanza della lettura ad alta voce, del diritto dei bambini a poter accedere a strumenti culturali, e su come le scrittrici e gli scrittori di Icwa hanno messo a suoco il loro ruolo nella Carta dei Valori.
POVERTÀ EDUCATIVA, LETTURA E IMMAGINARI D’INFANZIALa carta dei valori ICWA dalla parte dei bambini
di Cristina Bartoli
Il 20 novembre si celebra la Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Nell’ultimo rapporto Unicef “Osservazioni conclusive 2019 al quinto e sesto rapporto periodico dell’Italia”, emerge anche nel nostro paese un quadro preoccupante di povertà educativa, aggravata dai tagli dovuti alle perduranti crisi economiche. Il problema riguarda soprattutto l’allocazione delle risorse, sempre più scarse, destinate all’educazione e al miglioramento della vita dei bambini. La situazione è sensibilmente peggiorata a seguito della pandemia che dura da quasi un anno. In occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza Unicef ha appena pubblicato un nuovo rapporto “Averting a Lost COVID Generation” (“Evitare una generazione perduta a causa del COVID”) delineando per la prima volta, in modo esauriente, le disastrose e crescenti conseguenze per i bambini causate dall’avanzare della pandemia. Attraverso sondaggi condotti in 140 paesi, il rapporto rileva che: circa un terzo dei paesi analizzati ha registrato un calo di almeno il 10% nella copertura di servizi sanitari come le vaccinazioni di routine, l’assistenza ambulatoriale per le malattie infettive pediatriche e i servizi sanitari per le madri. La paura del contagio è una delle ragioni principali. A novembre 2020, 572 milioni di studenti nel mondo sono colpiti dalla chiusura delle scuole a livello nazionale in 30 Paesi – il 33% degli studenti iscritti in tutto il mondo. Si stima che nell’arco di 12 mesi potrebbero verificarsi 2 milioni di morti di bambini in più e 200.000 bambini nati morti in più, a causa delle gravi interruzioni dei servizi e dell’aumento della malnutrizione. Altri 6-7 milioni di bambini sotto i 5 anni potrebbero soffrire di malnutrizione acuta nel 2020, un aumento del 14% che si tradurrà in più di 10.000 morti di bambini al mese – per lo più in Africa subsahariana e in Asia meridionale.

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Cosa fare e cosa non fare per educare alla lettura i bambini

Le scrittrici e gli scrittori di Icwa in poche, semplici frasi, riassumono le buone pratiche della promozione della lettura. Tra gli errori da evitare: chiedere schede di comprensione, offrire un solo libro da leggere, fare prediche sul fatto che la lettura aiuta a scrivere bene. Tra le buone pratiche: raccontare le emozioni che ci suscita […]

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La scienza nell’opera di Gianni Rodari

di Chiara Valentina Segré
Ai bambini di oggi, astronauti di domani
In questa breve, quasi lapidaria dedica che Gianni Rodari inserisce ne Il pianeta degli alberi di Natale, è racchiuso il “manifesto scientifico” che possiamo trovare in tutta la sua produzione. Sul maestro di Omegna si è detto e scritto, doverosamente, di tutto. Meno noto, però, pur con eccellenti eccezioni (si veda il libro di Pietro Greco L’Universo a Dondolo, la scienza nell’opera di Gianni Rodari, Springer 2010), è il rapporto con la scienza e la tecnologia, estremamente pervasiva in tutta la produzione rodariana. Il motivo? Non è una dichiarazione d’amore esplicita, quella di Gianni Rodari per la scienza e la tecnologia, ma discreta, dosata, mai (volutamente) didattica o divulgativa, e proprio per questo fortemente ” educativa” in senso scientifico.
La forza rivoluzionaria dell’impresa letteraria di Gianni Rodari è stata quella di aver calato il mondo reale, contemporaneo e quotidiano, nelle sue storie. Rodari impiega le favole e le filastrocche, antichi ed efficaci strumenti di conoscenza del mondo, per interpretare la contemporaneità dei suoi giovani lettori, senza gli intenti moraleggianti e didattici di una certa tradizione della letteratura infantile.

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Applicazione pratiche dalla Grammatica della fantasia di Rodari

di Daniela Dose
La “Grammatica della fantasia” di Gianni Rodari offre innumerevoli spunti per la didattica e per attività da svolgere con i bambini, in classe e non. Io vorrei evidenziarne soprattutto una. Si intitola “Il sasso nello stagno”, ed è una delle prime riflessioni che si trovano nel testo di Rodari. La parola viene paragonata ad un sasso che, se viene gettato in uno stagno, provoca onde concentriche, se poi va a fondo (e qui il parallelismo continua) smuove, scopre, crea eventi.
La parola che viene evocata provoca nella mente analogie, ricordi, immagini, significati, e va a recuperare questi significati nella fantasia, nei ricordi, anche nell’inconscio. Viene in mente il discorso freudiano sull’utilizzo delle parole per creare analogie, ma qui lo scopo è ludico e creativo.
La parola stessa “sasso” può portare a diverse associazioni, o giochi linguistici. Ad esempio cambiando la a –in- e, si avranno altre parole: cerchiamole assieme a Rodari.
Raccontiamo cosa ci ricorda il sasso inteso come oggetto: un luogo, una chiesa, un monte? E i sinonimi? Vogliamo tralasciarli? Certo che no. Ad esempio mattone. Cerchiamo le parole che dal punto di vista fonico si accoppiano: mattone e canzone. Ma l’esplorazione della parola sasso, ci ricorda Rodari, può continuare. Se scriviamo le lettere della parola una sotto l’altra e a ogni lettera accoppiamo una parola, ne nasce una filastrocca. E il gioco si può ripetere.
Le parole pertanto sono come le “madeleine” (dolcetti) di Proust: i loro significato, il suono, la forma, possono evocare ricordi e associazioni. Aprire la fantasia e il pensiero. Questi “sassi nello stagno” aiutano a sviluppare la creatività, ma anche la capacità cognitiva e linguistica del bambino. Sono tappe miliari nel percorso formativo e di apprendimento, ma Rodari ci insegna e ci ricorda una grandissima lezione: questo gioco deve servire ai bambini, non servirsi di loro. La priorità è il bambino, la sua crescita, la sua felicità.

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Io, amico di Rodari: che divertenti le nostre chiacchierate

Lo scrittore Ermanno Detti ricorda i suoi incontri con Rodari, quando entrambi lavoravamo a Paese sera e l’Unità, e quando l’autore premio Andersen fece un incontro con la classe di Detti. «Fu un’esperienza fantastica»
di Ermanno Detti
Ho conosciuto Gianni mentre lavoravo saltuariamente come correttore di bozze per “Paese Sera” e “l’Unità” ai primissimi anni Settanta. Lui era stato giornalista dell’“Unità” ma da tempo era passato a “Paese Sera” dove teneva la rubrica “Benelux” nella quale commentava fatti di cronaca, culturali e politici. Io insegnavo nella scuola elementare e avevo conosciuto le opere di Gianni, tra l’altro avevo letto a puntate ai miei alunni Gelsomino nel paese dei bugiardi e siccome si erano molto divertiti gliene parlai e lo invitai a venire a trovarci in classe. La mia scuola non distava molto dalla sede di “Paese Sera “ e “l’Unità” (avevano redazione e stampa nello stesso edificio) che era situata nel quartiere romano di San Lorenzo.
L’incontro di Gianni con i miei alunni fu una folgorazione. Non si di dilungò molto sul suo libro ma alla domanda di un bambino “Come si fa inventare una storia” usò il binomio fantastico, due parole scelte a caso dagli alunni stessi. Ne nacque prima una e poi una seconda storia e infine una terza ma con una tecnica diversa, quella del “Se accadesse che” e l’ipotesi fantastica proposta da un bambino fu se la scuola fosse stata rubata da Diabolik e fatta volare via. Il divertimento fu assicurato da parte dei bambini e per me una rivelazione.
Finito l’incontro accompagnai con la mia Fiat 500 Gianni a Monteverde, dove abitava. Io non potei trattenermi dal mostrarmi riconoscente per aver portato tanta allegria nella mia classe e lui mi spiegò che stava pensando di mettere insieme tutte quelle idee che gli venivano incontrando i ragazzi. La Grammatica della fantasia era ancora lontana (fu pubblicata nel novembre 1973) ma lui già la stava. Il breve viaggio fu uno spasso, cominciando dal fatto che per un paio di volte Gianni mi chiese se avevo una sigaretta e io, siccome non fumavo, gli rispondevo di no. E lui di rimbalzo: “Meno male”. La seconda volta però, ricordandosi di avermelo già chiesto, mi spiegò che stava tentando di smettere di fumare ma all’improvviso gli veniva una voglia matta, così si era ridotto a chiedere qua e là sigarette. “Oggi mi è andata bene, anche in redazione nessuno fumava” mi spiegò e sorrise di sé stesso.

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Intervista al professor Pino Boero, suo massimo studioso: «Se Rodari vivesse la nostra epoca racconterebbe le sue favole su skype e youtube»

di Carla Colmegna
Gianni Rodari visto dalla matita di Elena Martini
Giovannino Perdigiorno e Alice Cascherina stavano nascosti nel filo di un telefono. Da un capo c’era un papà sempre in giro per lavoro, dall’altro la figlia che, a casa, aspettava ogni sera di ascoltare le favole che lui inventava per lei. Era il loro modo per sentirsi vicini, visto che non si potevano vedere spesso.
Accadeva 58 anni fa al ragionier Bianchi di Varese e a sua figlia, protagonisti del libro “Favole al telefono” di Gianni Rodari pubblicato, per la prima volta, nel 1962. A cento anni dalla nascita di Rodari, nato a Omegna il 23 ottobre 1920 e morto il 14 aprile del 1980, le sue “Favole al telefono” sono straordinariamente attuali, sembrano scritte apposta per essere lette in questo periodo di distanza forzata gli uni dagli altri e progenitrici delle favole che oggi tanti leggono su siti o al telefono; è stato anche attivato il servizio “Pronto, chi favola”, voluto dall’attore e regista Francesco Zecca che ha coinvolto grossi nomi del cinema italiano.

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Gianni Rodari, un autore “fantastico”

IMMAGINARI DI LIBERTÀ. GIANNI RODARI E IL DIRITTO DEI BAMBINI ALLA CREATIVITÀ
di Cristina Bartoli
A 100 dalla nascita di Gianni Rodari, tanti sono gli articoli, gli incontri, i convegni a lui dedicati. Molto si è scritto su questo grande intellettuale, scrittore, maestro, giornalista impegnato, un uomo che ha attraversato varie fasi della vita che hanno contribuito a renderlo ciò che conosciamo oggi. Un uomo, che ha avuto momenti di particolare impegno politico, momenti di delusione e crisi personale, un uomo che sapeva leggere la società.
Il Rodari giornalista, “l’altro Rodari”[1], si rivolgeva a pubblici diversi, intellettuali, genitori, adulti, politici, ma sempre con un messaggio comune, teso verso la ricerca di una nuova umanità, aperta al progresso, alla creatività, alla lotta verso le ingiustizie e i soprusi, alla ricerca della pace e dei valori umani più alti. Di questo vorremmo parlare oggi, della sua grande attenzione alla dimensione umana, al rispetto profondo che egli aveva per l’infanzia e la produzione di significato dei bambini, “una vita dedicata al giornalismo, quella di Rodari, e Rodari, attraverso questa esperienza, coltiva e sviluppa la sua curiosità intellettuale, sociale, umana”[2]. Rodari giornalista diventato scrittore per l’infanzia quasi per caso, come sottolineò Argilli[3], ebbe i suoi primi successi proprio dalla carta stampata, un collage di pezzi giornalistici, a iniziare dalle filastrocche pubblicate su “l’Unità” e su “Vie Nuove” che dettero vita al primo “libretto”, Il libro delle filastrocche (1950), nato da un’idea di Dina Rinaldi che diresse con lui Il Pioniere. Dal settimanale, nacque anche il personaggio di Cipollino all’origine di una delle sue opere più famose (Il romanzo di Cipollino 1951) [4] .

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Quando i bambini parlano e leggono in più lingue

Spunti semiseri di riflessione per una maggiore diffusione all’estero di libri in lingua italiana per bambini e ragazzi da parte di una mamma italiana che cresce figli trilingue in Belgio
Sono un’emigrante.
O, se preferite, un’expat, termine che gli occidentali istruiti che vivono all’estero preferiscono utilizzare in quanto li legittima a considerarsi come una categoria a parte e più elevata di migrante. Vivo in Belgio. Un paese che conta undici milioni di anime, sette parlamenti e tre lingue ufficiali. Mio marito è inglese quindi, a breve, extra-comunitario. I miei figli vanno a scuola in francese, parlano italiano con me, inglese con il papà, francese con gli amici e imparano il fiammingo (olandese) perché, a conti fatti, sono belgi pure loro e gli tocca imparare almeno due delle tre lingue ufficiali del paese in cui sono nati e vivono.
I miei figli saltellano allegramente tra una lingua e l’altra creando neologismi “ingle-fra-taliani” la cui forza creativa trovo magnifica, ma la cui potenza distruttiva della mia lingua natale a volte mi terrorizza. Ho così avuto a che fare con un figlio che cercava disperatamente un acquaio sul tavolo credendo che fosse una caraffa o un contenitore simile. Un altro che voleva giocare nel “timo” (il team inglese + terminazione “O” all’italiana) di calcio della scuola. La porta di casa è “ouvrita” (ouvrir, verbo francese che significa aprire, al participio passato in italiano con suffisso “TA”), i “ticketti” sono biglietti francesi e se mio figlio non trova il quaderno di scuola allora mi dice: “Mamma, I do not find the cahier per la scuola”. E se perde la cartella allora “can you help a cercare le cartable?”.

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