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di Chiara Valentina Segré

Ai bambini di oggi, astronauti di domani

RodariIn questa breve, quasi lapidaria dedica che Gianni Rodari inserisce ne Il pianeta degli alberi di Natale, è racchiuso il “manifesto scientifico” che possiamo trovare in tutta la sua produzione. Sul maestro di Omegna si è detto e scritto, doverosamente, di tutto. Meno noto, però, pur con eccellenti eccezioni (si veda il libro di Pietro Greco L’Universo a Dondolo, la scienza nell’opera di Gianni Rodari, Springer 2010), è il rapporto con la scienza e la tecnologia, estremamente pervasiva in tutta la produzione rodariana. Il motivo? Non è una dichiarazione d’amore esplicita, quella di Gianni Rodari per la scienza e la tecnologia, ma discreta, dosata, mai (volutamente) didattica o divulgativa, e proprio per questo fortemente ” educativa” in senso scientifico.

La forza rivoluzionaria dell’impresa letteraria di Gianni Rodari è stata quella di aver calato il mondo reale, contemporaneo e quotidiano, nelle sue storie. Rodari impiega le favole e le filastrocche, antichi ed efficaci strumenti di conoscenza del mondo, per interpretare la contemporaneità dei suoi giovani lettori, senza gli intenti moraleggianti e didattici di una certa tradizione della letteratura infantile.

 

E il mondo in cui vive e scrive Rodari, quello in cui sono nati e stanno crescendo i bambini e i ragazzi tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento, è completamente trasformato dalla scienza e dalla tecnologia, anche nella quotidianità. Televisione, elettrodomestici, diffusione massiccia dell’automobile, nascita della cibernetica, ma soprattutto, la grande corsa alla conquista dello spazio, che culmina nel 1969 con lo sbarco sulla Luna.

Come magistralmente scrive Pietro Greco, lo spazio cosmico è rapidamente diventato il “cortile di casa della Terra“, allargando i confini, reali e culturali, come mai prima nella storia del nostro Pianeta. La conquista dello spazio era qualcosa di inimmaginabile fino solo a vent’anni prima, quando erano bambini i genitori di quelli stessi che si apprestano a leggere le Filastrocche in cielo e in terra o Il Pianeta degli alberi di Natale.

L’Umanità è entrata ufficialmente in quell’era che gli storici della scienza definiscono società della conoscenza, iniziata dopo la Seconda Guerra Mondiale, e caratterizzata dalla rivoluzione che la scienza e la tecnologia hanno portato in tutte le pieghe della vita privata e pubblica; scrive nella sua Grammatica della fantasia (1973): «L’idea che il bambino d’oggi si fa del mondo è per forza tutt’altra da quella che se ne può essere fatta, da bambino, il padre stesso da cui lo separano pochi decenni».

E Rodari, nelle sue opere, si fa pienamente portavoce di questo storico cambiamento. La sua opera è piena di riferimenti alla scienza e alla tecnologia. Per ovvi motivi, è l’astronomia a fare capolino più frequentemente: i pianeti, i razzi, gli astronauti (vera e propria professione del futuro), la Luna (con la serie di filastrocche de La luna al guinzaglio), persino gli alieni. Ma i temi scientifici e naturalistici spaziano anche dalla geologia all’ecologia, e molto altro. Il valore “educativo scientifico” di Rodari non si esaurisce, naturalmente, solo nel mero inserire questi elementi nelle sue opere. E’ lo stesso intento programmatico di Rodari, il modo in cui egli intende la letteratura e più in generale, la relazione coi bambini, a favorire lo sviluppo di una vera mentalità scientifica.

Gianni Rodari aveva capito, prima che le neuroscienze moderne lo dimostrassero dati alla mano, che non esiste un confine tra fantasia e logica, che l’una non può esistere senza l’altra. Non è certo un caso se le ultime pagine della Grammatica della fantasia sono dedicate a Scienza e Arte (in senso lato, ovviamente, comprendendo a pieno titolo anche la letteratura), alle Attività espressive ed esperienza scientifica, a Le storie della matematica.

E di nuovo, non sorprende che nel discorso pubblico forse più importante, al ricevimento della Medaglia Andersen alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna nel 1970, Rodari parli ancora del legame inestricabile tra narrazione e scienza:

«E poi, che cosa intendiamo per persone serie? Facciamo il caso del signor Isacco Newton. Secondo me era una persona serissima. Ora una volta, se è vero quello che raccontano, stava seduto sotto un albero di mele e gli cadde una mela in testa. Un altro al suo posto, avrebbe detto quattro parole poco gentili e si sarebbe cercato un altro albero per stare all’ombra. Invece il signor Newton comincia a domandarsi: E perché quella mela è caduta all’ingiù? Come mai non è volata all’insù? Come mai non è caduta a destra o a sinistra, ma proprio in basso? Quale forza misteriosa l’attira in basso? […] Occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un vero scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora e scoprirle, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo».

In queste parole Rodari ricompone magnificamente la fittizia frattura di gentiliana memoria tra la cultura umanistica, ritenuta superiore, e quella scientifica, considerata come solo “utilitaristica”. La “fantastica” rodariana non è in antitesi con la logica, ma sua sorella gemella. Lo spirito critico e la capacità di pensare fuori dagli schemi ma in modo razionale, che è alla base dell’impresa scientifica, affondano le sue radici nello stesso humus che alimenta l’invenzione di storie e la capacità di immaginare infiniti collegamenti fantastici.

Per concludere, riprendendo ancora una volta le osservazioni di Pietro Greco, Gianni Rodari fa parte a pieno titolo dell’Olimpo di uomini di cultura che da Dante a Calvino, passando per Galileo e Leopardi, sono stati in grado di tessere insieme letteratura, filosofia e scienza.