Articoli

di Carla Colmegna

Gianni Rodari visto dalla matita di Elena Martini

Rodari100ElenaAliceMartGiovannino Perdigiorno e Alice Cascherina stavano nascosti nel filo di un telefono. Da un capo c’era un papà sempre in giro per lavoro, dall’altro la figlia che, a casa, aspettava ogni sera di ascoltare le favole che lui inventava per lei. Era il loro modo per sentirsi vicini, visto che non si potevano vedere spesso.

Accadeva 58 anni fa al ragionier Bianchi di Varese e a sua figlia, protagonisti del libro “Favole al telefono” di Gianni Rodari pubblicato, per la prima volta, nel 1962. A cento anni dalla nascita di Rodari, nato a Omegna il 23 ottobre 1920 e morto il 14 aprile del 1980, le sue “Favole al telefono” sono straordinariamente attuali, sembrano scritte apposta per essere lette in questo periodo di distanza forzata gli uni dagli altri e progenitrici delle favole che oggi tanti leggono su siti o al telefono; è stato anche attivato il servizio “Pronto, chi favola”, voluto dall’attore e regista Francesco Zecca che ha coinvolto grossi nomi del cinema italiano.

Gli attori, a centinaia, telefonano ai bambini e raccontano loro una delle “Favole al telefono” di Rodari. Rodari è stato precettore, giornalista, poeta e scrittore sicuramente fuori dalle regole, controcorrente e anticipatore e continua ad esserlo; chissà cosa si inventerebbe per riempire le giornate dei bambini? Di sicuro ne rispetterebbe l’identità, mettendoli, come non si stancava mai di dire, “al centro”, educandoli, e anche questo concetto gli era caro, alla passione per la vita e per la verità. Rodari difendeva sempre anche il raccontare in modi diversi, ritenendoli tutti legittimi: legittimo leggere una favola frontalmente, legittimo farlo al telefono e avrebbe considerato legittimo leggerla in collegamento Skype, registrazione video, youtube o instagram e facebook. A confermarlo, Pino Boero, professore ordinario di Letteratura per l’infanzia all’università di Genova fino al 2019, fin dagli anni Settanta impegnato nella valorizzazione dell’opera di Gianni Rodari.

Professore, Rodari avrebbe approvato, e forse vi si sarebbe pure cimentato, il raccontare su internet favole e storie ai bambini costretti, come tutti, a restare a casa?

«Sì, avrebbe approvato i diversi modi che oggi si stanno usando per raccontare ai bambini perché, compatibilmente con i mezzi moderni di cui disponeva, egli è sempre stato molto attento alle nuove forme di comunicazione. La tv per Rodari, che l’ha vissuta nella sua storia iniziale, rappresentava, per esempio, una bella innovazione, ma quando andava in tv o in radio lo faceva con i bambini, aveva un occhio di riguardo per l’uso del mezzo televisivo, non passivizzante, ma attivo e dialogico. Per Rodari la tv doveva servire ad aumentare il dialogo e non a limitarlo, quindi lui sarebbe stato sicuramente d’accordo con le lezioni on line, ma senza dimenticare la persona».

Intende dire, mettere il bambino al centro, sempre, allora come oggi, indipendentemente dal mezzo che si usa per sostenere questo concetto?

«Certo, Rodari lo raccontò benissimo anche quando fu chiamato a… difendere il cartone animato Goldrake (trasmesso in Italia dal 1978, nda). Rodari non difese il cartoon giapponese perché fosse una forma sublime dell’arte, ma per dire che non è il cartone che danneggia, ma il fatto che il bambino sia lasciato da solo davanti alla tv. Per Rodari, il mezzo con cui si parla al bambino non è né buono né cattivo, ma la bontà o meno dipende dall’uso che ne facciamo. Ai tempi di Rodari, anche i fumetti erano demonizzati, ma non da lui che li riteneva un mezzo nuovo, da usare con coscienza critica. Credo che Rodari non considererebbe mai in modo negativo chi legge fiabe e filastrocche on line o con altri mezzi, perché oggi è importante non fare perdere ai bambini il filo del racconto. A chi contestava la violenza delle azioni di Goldrake, Rodari rispondeva che i bambini si impossessavano dei comportamenti del cartoon per giocare a quello che più desideravano e che era ipocrita preoccuparsi della violenza di Goldrake e non di quella che essi potevano vedere nella realtà».

Altre necessità odierne sono la gestione della noia delle giornate, così diverse da quelle a cui tutti eravamo abituati, e il desiderio dei bambini di sentirsi protagonisti del momento: i loro disegni con i messaggi di incoraggiamento lo testimoniano. Noia e desiderio di partecipazione alla vita reale: Rodari li aveva pienamente compresi?

«Rodari avrebbe detto ai bambini annoiati: aiutate gli adulti, visto che avete più fantasia e ingegno di loro, e avrebbe pensato che dalle situazioni di crisi si esce insieme. L’idea che adulti e bambini, con gli adolescenti sapeva invece che è tutto più complicato, possano unire le forze è un concetto di oggi, ma che Rodari già sostiene nelle “Favole al telefono”, quando dice sono state fatte tante cose, ma ce ne sono ancora tante da fare. Rodari sarebbe anche oggi ottimista nel dire che questo momento può essere un’occasione per fare tanto insieme. Certo è che bisogna poi fare i conti anche con le condizioni ambientali delle famiglie. Ci sono situazioni in Italia dove i ragazzi non possono connettersi con gli insegnanti o vivono in due stanze dove il tavolo di studio è quello di cucina. Ecco, in questi casi, realizzare il “lavoriamo insieme e aiutiamoci reciprocamente” non è facile».

E poi c’è l’ironia, da non perdere mai, anche oggi. Rodari fu grande sostenitore dell’ironia e della spensieratezza che, ebbe a dire, non andava mai banalizzata. Concetto attualissimo, no?

«Per Rodari l’ironia non era mai fine a se stessa, ma era un modo di allontanarsi dalla pesantezza delle cose; lui era a volte autoironico, come quando girò per la redazione di “Paese sera” con appeso un cartello sulla schiena con scritto “sono un classico”. E’ chiaro che oggi non è facile mantenere leggerezza e distacco, anche perché si vedono tanti video e post in cui il confine fra la cretineria e l’ironia è molto labile. Rodari però avrebbe cercato di essere autoironico e ironico verso chi oggi, e ne abbiamo tanti, vuole avere la verità in tasca».

Rodari quindi da leggere, anche, e forse soprattutto, in questo momento. Ma cosa leggere per primo?

«Le “Filastrocche in cielo e in terra” perché oggi mantenere la concentrazione non è facile e le filastrocche possono aiutarci a farlo, dopo di che le “Favole al telefono”, “Cipollino”, che è sempre un bel romanzo, e lascerei per ultimo “C’era due volte il barone Lamberto” che per me è il testamento di Rodari».

Di sé Rodari diceva di non essere mai stato un maestro noioso e, negli incontri con i bambini, che ancora si possono guardare in internet, ricordava, come in quello ad Arezzo del 23 marzo del 1979, che i contenuti della vita dei bambini entrano in ciò che essi disegnano. E se oggi i piccoli disegnano arcobaleni vuol dire che la vita, nonostante tutto, è ancora a colori.