Lo scrittore Ermanno Detti ricorda i suoi incontri con Rodari, quando entrambi lavoravamo a Paese sera e l’Unità, e quando l’autore premio Andersen fece un incontro con la classe di Detti. «Fu un’esperienza fantastica»
di Ermanno Detti
Ho conosciuto Gianni mentre lavoravo saltuariamente come correttore di bozze per “Paese Sera” e “l’Unità” ai primissimi anni Settanta. Lui era stato giornalista dell’“Unità” ma da tempo era passato a “Paese Sera” dove teneva la rubrica “Benelux” nella quale commentava fatti di cronaca, culturali e politici. Io insegnavo nella scuola elementare e avevo conosciuto le opere di Gianni, tra l’altro avevo letto a puntate ai miei alunni Gelsomino nel paese dei bugiardi e siccome si erano molto divertiti gliene parlai e lo invitai a venire a trovarci in classe. La mia scuola non distava molto dalla sede di “Paese Sera “ e “l’Unità” (avevano redazione e stampa nello stesso edificio) che era situata nel quartiere romano di San Lorenzo.
L’incontro di Gianni con i miei alunni fu una folgorazione. Non si di dilungò molto sul suo libro ma alla domanda di un bambino “Come si fa inventare una storia” usò il binomio fantastico, due parole scelte a caso dagli alunni stessi. Ne nacque prima una e poi una seconda storia e infine una terza ma con una tecnica diversa, quella del “Se accadesse che” e l’ipotesi fantastica proposta da un bambino fu se la scuola fosse stata rubata da Diabolik e fatta volare via. Il divertimento fu assicurato da parte dei bambini e per me una rivelazione.
Finito l’incontro accompagnai con la mia Fiat 500 Gianni a Monteverde, dove abitava. Io non potei trattenermi dal mostrarmi riconoscente per aver portato tanta allegria nella mia classe e lui mi spiegò che stava pensando di mettere insieme tutte quelle idee che gli venivano incontrando i ragazzi. La Grammatica della fantasia era ancora lontana (fu pubblicata nel novembre 1973) ma lui già la stava. Il breve viaggio fu uno spasso, cominciando dal fatto che per un paio di volte Gianni mi chiese se avevo una sigaretta e io, siccome non fumavo, gli rispondevo di no. E lui di rimbalzo: “Meno male”. La seconda volta però, ricordandosi di avermelo già chiesto, mi spiegò che stava tentando di smettere di fumare ma all’improvviso gli veniva una voglia matta, così si era ridotto a chiedere qua e là sigarette. “Oggi mi è andata bene, anche in redazione nessuno fumava” mi spiegò e sorrise di sé stesso.
Da quell’incontro nacque un buon rapporto con Gianni. A parte che lo incontravo al giornale, lo incrociavo anche ai vari incontri, lo pregai di aiutare una mia amica che stava facendo una tesi di laurea sulle sue opere. Lui sempre disponibile, con i suoi capelli un po’scarmigliati da un ciuffo incorreggibile, serio e autoironico, pronto a lasciarsi andare a un sorriso sui fatti un po’ comici della vita. Ricordo che alcuni anni dopo, lo accompagnai in Maremma, al mio paese natale, per un incontro con gli insegnanti del Circolo Didattico (all’epoca le scuole primarie si chiamavano così) diretto da una mio caro amico, Lilio Niccolai (un intellettuale che era anche sindaco del paese). Anche quel viaggio fu uno spasso, mi raccontò molte storie della sua vita, molte incentrate sui suoi viaggi in Unione Sovietica dove Le avventure di Cipollino riscuotevano un grande successo. Per quanto riguarda Gelsomino un po’ meno disse, tra l’altro il romanzo agli inizi aveva incontrato qualche resistenza perché l’antagonista, il “cattivo” Re Giacomone, era stato disegnato da Raul Verdini calvo e somigliante un po’ troppo a Krusciov.
Gianni Rodari mi è mancato molto nel tempo. Dei nostri sporadici incontri ho ancora in mente una discussione sui proverbi: io ci trovavo una qualche saggezza della tradizione popolare, lui diceva che erano la sintesi del più vieto conformismo. “Come le frasi fatte e i modi di dire”, ricordo che precisò. Ma poi d’improvviso trovava il modo di cambiare discorso, si vedeva che non gli piacevano i conflitti, sosteneva le sue idee con tanta leggerezza e rispetto delle opinioni altrui. Una gran bella persona oltre che un grande scrittore.