Articoli

Vichi De Marchi
(Scrittrice e curatrice dell’Atlante dell’Infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine” di Save the Children)

violenze bambiniLa Giornata internazionale contro la violenza verso le donne, che le Nazioni Unite celebrano il 25 novembre, ci ricorda quanto il fenomeno sia diffuso e da combattere.

Nel pieno della pandemia da Covid -19, la scorsa primavera, il Segretario generale delle Nazioni Unite aveva lanciato l’allarme: nel chiuso delle case si stavano consumando molte più violenze.

Anche in Italia i dati su donne e minori raccontano di una vera e propria emergenza che, tuttavia, sfugge in parte alla statistica.

Secondo le stime ISTAT, basate su interviste a campione condotte su tutto il territorio nazionale, in Italia 6 milioni 788 mila donne avrebbero subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni, dato più o meno confermato anche a livello europeo.

Quasi sempre i reati più gravi sono commessi dai partner attuali ma ancor più dagli ex.

La violenza si nutre del silenzio. Ci si vergogna di subirla, perché viola il corpo e ferisce la mente, porta all’autosvalutazione, alla depressione, alla perdita di sé. Spessissimo chi è oggetto di violenze ha figli. Ce lo racconta l’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, “Con gli occhi delle bambine”, quest’anno declinato al femminile. La violenza assistita e talvolta subita dai minori è un dramma nel dramma.

Le bambine talvolta diventano, a loro volta, oggetto di molestie e abusi, quasi sempre a sfondo sessuale. Si stima che il 10,6% delle donne abbia subito violenze sessuali prima del 16 anni, spesso proprio in ambito familiare o nella cerchia delle persone conosciute. Molte crescono rassegnandosi alla violenza, introiettando un modello materno che l’ha subita. Ma non sempre ciò avviene. C’è forte nelle giovanissime generazioni, il desiderio di ribellarsi a ogni forma anche di molestia, quella sì in genere compiuta da sconosciuti (nel 76% dei casi): sono le parole offensive, gli approcci a sfondo sessuale, i palpeggiamenti, i pedinamenti, lo sguardo del branco. Spesso la protesta corre nel web.

I movimenti di denuncia del #MeToo hanno scavato nel profondo. I gruppi e le reti sui social hanno creato nuovi strumenti di difesa: luogo, giorno, ora, identikit del molestatore, contenuti della molestia vengono spesso postati. Nascono gruppi su Facebook come Break The Silence, creato da giovanissime dove denunciare e costruire reti, o su Instagram con Catcalls of Rome o Catcalls of Turin, dove le ragazze scrivono su un foglio di carta e poi fotografano le frasi offensive ricevute. A Torino, a ottobre, hanno organizzato un flash mob, trascrivendo, sul selciato della strada, le parole irripetibili dei molestatori. La violenza è anche quella del bullismo, del cyberbullismo, del revenge porn, degli adescamenti online. Le ragazze, però, ci stanno dicendo che combattere la violenza si può, in tanti modi; con lo studio e la consapevolezza, creando reti, scendendo in piazza, ma anche rifiutando ogni stereotipo, respingendo ogni possibile gesto di sopraffazione, gridando che “una sberla non è amore”. Anche la letteratura aiuta. Ce lo raccontano le filastrocche di Bruno Tognolini contro le gabbie di genere, o gli scritti di Susanna Mattiangeli sul corpo o di Nadia Terranova sull’uso delle parole che si trovano nell’Atlante assieme al contributo della rivista di letteratura per ragazzi Andersen che ci racconta i tanti esempi di eroine di carta.

Perché, anche un libro e una storia sono ottimi antidoti per crescere rifiutando la violenza.