Quando i bambini parlano e leggono in più lingue
Spunti semiseri di riflessione per una maggiore diffusione all’estero di libri in lingua italiana per bambini e ragazzi da parte di una mamma italiana che cresce figli trilingue in Belgio
Sono un’emigrante.
O, se preferite, un’expat, termine che gli occidentali istruiti che vivono all’estero preferiscono utilizzare in quanto li legittima a considerarsi come una categoria a parte e più elevata di migrante. Vivo in Belgio. Un paese che conta undici milioni di anime, sette parlamenti e tre lingue ufficiali. Mio marito è inglese quindi, a breve, extra-comunitario. I miei figli vanno a scuola in francese, parlano italiano con me, inglese con il papà, francese con gli amici e imparano il fiammingo (olandese) perché, a conti fatti, sono belgi pure loro e gli tocca imparare almeno due delle tre lingue ufficiali del paese in cui sono nati e vivono.
I miei figli saltellano allegramente tra una lingua e l’altra creando neologismi “ingle-fra-taliani” la cui forza creativa trovo magnifica, ma la cui potenza distruttiva della mia lingua natale a volte mi terrorizza. Ho così avuto a che fare con un figlio che cercava disperatamente un acquaio sul tavolo credendo che fosse una caraffa o un contenitore simile. Un altro che voleva giocare nel “timo” (il team inglese + terminazione “O” all’italiana) di calcio della scuola. La porta di casa è “ouvrita” (ouvrir, verbo francese che significa aprire, al participio passato in italiano con suffisso “TA”), i “ticketti” sono biglietti francesi e se mio figlio non trova il quaderno di scuola allora mi dice: “Mamma, I do not find the cahier per la scuola”. E se perde la cartella allora “can you help a cercare le cartable?”.