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Manuela Salvi ricorda la grande scrittrice per ragazzi (Premio Andersen 2015) scomparsa il 6 ottobre

Quando un gruppo di autori per ragazzi, nel 2012, discusse via email la possibilità di fondare un’associazione, l’intervento di Vanna Cercenà fu determinante.

A coloro che si opponevano perché poche settimane non potevano essere sufficienti a mettere in piedi una simile impresa, lei rispose: “Dalle mie parti si dice che le cose lunghe diventano serpi. Alla mia età non mi posso permettere di aspettare anni per veder nascere un’associazione così.”

Fu in quel momento che mi innamorai di lei. Non l’avevo mai incontrata di persona, avevo incluso la sua email nella discussione perché conoscevo il suo splendido lavoro e conservavo gelosamente una copia della sua Marilyn Monroe. Avevo visto le sue foto su internet e sapevo che doveva essere un’arzilla signora, sempre elegante, con una messa in piega impeccabile. La incontrai alcuni mesi dopo. Era settembre e l’ICWA, in fase di fondazione, si riuniva per la prima volta a Mantova. Vanna non ce la fece a venire, l’età cominciava a impedirle di affrontare viaggi scomodi, e mi chiese se potevo darle notizie su come era andata.

Riscendendo verso Roma, qualche giorno dopo, decisi di portarle le notizie di persona. La verità è che morivo dalla voglia di stringerle la mano in una presentazione vera, di vedere che tipo fosse dal vivo.

Da quel settembre del 2012, non sono mai più riuscita ad attraversare la Toscana durante i miei numerosi viaggi senza fare una deviazione a Montespertoli. Vanna e suo marito Mario per me erano diventati gli anziani delle grandi storie: dei mentori saggi, ricchi di esperienze e di passioni, ma capaci di ascoltare e di imparare come se non fossero invecchiati mai.

Conversare con loro faceva bene al cuore. Mi sorprendeva sempre il fatto che invece di giudicare cercassero di capire, di mettersi nei panni degli altri.

Vanna era proprio così. Una donna di altri tempi – energica ma ponderata – che ha continuato fino alla fine a essere connessa con il mondo. Sempre informata, leggeva gli ebook, organizzava gli incontri con le scuole online per non smettere di parlare ai suoi lettori pur non potendo muoversi più molto, usava tutta la tecnologia a disposizione per essere sempre presente. E questa consapevole connessione si rifletteva nel suo lavoro di scrittrice, sempre al passo con i tempi. Il suo ultimo romanzo, Matrioska, autopubblicato dai familiari quando già stava male, tratta un tema di grande attualità con  il suo tipico piglio deciso e delicato.

Per me è diventata un modello. Mi piaceva come, durante una riunione per un lavoro importante, lei ascoltava in silenzio. Solo alla fine prendeva la parola e, con poche frasi gentili, faceva capire che non bisognava farsi ingannare dalla sua aria da nonnina: le sue opinioni erano sempre molto chiare e per lei prendere posizione in modo convinto – ma aperto al dialogo – non era mai un problema.

Le ho voluto un gran bene. È stata la nonna che avrei sempre voluto avere, è stata un’amica a cui potevo scrivere o dire qualsiasi cosa, certa che avrebbe capito nonostante tra me e lei ci fossero quarant’anni di differenza. Scendere dalla macchina davanti a casa sua e correre ad abbracciarla era un momento di gioia immensa. Avrei voluto farle visita più spesso, esserci di più. Avrei voluto conoscerla prima, avere più tempo da passare con lei. Ma resta il fatto che considero una gran fortuna averla conosciuta in quel giorno del 2012.

A nome dell’ICWA, le porgo adesso un saluto ufficiale pieno di tutto l’affetto che ha saputo meritarsi. Questa associazione esiste anche grazie a lei, una delle nostre colonne portanti più rappresentative. E l’augurio che mi sento di fare a tutti noi soci e colleghi è che il suo spirito e la sua energia possano continuare a ispirarci a lungo e a farci superare ogni ostacolo.

Grazie Vanna,
fai buon viaggio.

Manuela Salvi