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La perfezione esiste? Cosa ci spinge a impegnarci al massimo in quello che facciamo? Perché abbiamo così bisogno dell’approvazione degli altri e qualsiasi traguardo raggiungiamo non è mai sufficiente?


Sono tante le domande che affiorano alla mente leggendo il libro “Il signor Sbagliosky” di Roberta Fasanotti (edizioni Mimebù). Una storia apparentemente leggera e spiritosa, ma che nasconde significati profondi, in cui è facile riconoscersi.

Il protagonista è Arrigo, un bambino che, come leggiamo nell’incipit, è “affetto da una malattia che è peggio del morbillo. Quello prima o poi passa, ma il pallino del tuttoperfetto, quando ti colpisce come un virus, rischia di diventare il tuo peggior nemico… o forse il tuo unico amico”.

Arrigo si impegna tantissimo nello studio per dimostrare alle maestre e ai genitori quanto è bravo, ma il padre, dal nome evocativo Panfilo Spezzacatene, continua a sminuirlo chiamandolo imbranato perché non è bravo in educazione fisica, mentre la madre non riesce a dargli i gesti di tenerezza di cui il bambino avrebbe bisogno. Come se non bastasse, i compagni di classe non gli rivolgono la parola, nonostante lui abbia voti altissimi in tutte le materie.

La perfezione di Arrigo è circondata da una grande solitudine, ma arriva il signor Sbagliosky a portare una nuova luce nella sua vita.

Sbagliosky è un ometto buffo e molto anziano, piccolo come un grillo, che sbaglia spesso le parole, perché ha viaggiato tanto e si nutre delle parole di tutte le lingue che ha parlato. Sembra comparire nella vita di Arrigo come per magia, con lo strano “rumorino” che annuncia la sua presenza, all’inizio rifiutata, poi fortemente desiderata dal bambino.

Tra un grattino e una coccola, tra frasi strampalate e apparizioni a sorpresa, Sbagliosky diventa una presenza fondamentale nelle giornate di Arrigo, donandogli l’opportunità di cambiare il rapporto con sé stesso e con gli altri.

Sbagliosky vuole ricordare ad Arrigo – e a tutti noi – che essere sempre perfetti è noioso, e che lo sforzo di voler ottenere il massimo in tutto rende frustrati e scontenti, perché la perfezione non esiste.

Meglio, invece, imparare ad accettarsi così come si è, con pregi e difetti. L’approvazione che il bambino tanto cerca potrebbe trovarla proprio sbagliando, mollando il controllo, imparando a ridere insieme agli altri, anche dei propri errori.

Il signor Sbagliosky è una lettura consigliata dagli otto anni in su, l’età in cui i bambini iniziano a farsi più domande su se stessi e sul loro rapporto con i genitori, gli insegnanti e gli amici. I giovani lettori rideranno per le frasi strambe pronunciate con disinvoltura dall’ometto, e magari impareranno a non prendersi troppo sul serio, perché l’autoironia è una grande dote da coltivare fin da piccoli, alleviando la paura di sbagliare e di essere giudicati dagli altri.

Sbagliosky esiste davvero? Forse vive nel mondo delle “favolle”, o forse sbuca all’improvviso nelle vite di tutti noi per ricordarci che andiamo bene così come siamo. Ma una cosa è certa: la gioia che porta è reale, ed è anche la più semplice: la gioia di ridere e far ridere, di coccolare e farsi coccolare, di accettare gli altri e imparare ad amarsi. Così si cresce sicuri e più forti.

Rosa Cambara