Articoli

Ginevra Van Deflor firma un articolo frizzante sulla sua visita al Salon du livre et de la presse jeunesse che si è tenuto a Montreuil (Parigi) dal 29 novembre al 4 dicembre.

Come ogni anno a fine novembre il comune di Montreuil, a sud-est di Parigi, ospita il Salon du livre et de la presse jeunesse. Ossia la fiera del libro dedicata esclusivamente alla letteratura (e alla stampa) per l’infanzia che ha luogo alle porte della capitale francese.

Da ben 39 anni punto di riferimento degli addetti e degli appassionati del settore, il Salone della letteratura dell’infanzia ha radunato quest’anno 420 espositori, con la presenza di 280 autori per incontri col pubblico e 1300 per i firmacopie, e ha richiamato un totale di circa 193 mila visitatori, 30% in più rispetto all’anno precedente. Ulteriore prova del buono stato di salute del settore, tra gennaio e fine ottobre 2023 i francesi hanno acquistato la bellezza di 64,4 milioni di libri per l’infanzia. L’equivalente dell’astronomica cifra di 1,47 milioni di copie alla settimana. Quasi tre volte quanto si è venduto, nello stesso settore, in Italia nell’intero 2022. Per dire.

L’edizione 2023 ha scelto come tema la “tettonica dei corpi” (sic). Ovvero i movimenti, gli spostamenti, i cambiamenti dei corpi dei bambini, che mutano, crescono, si scoprono e si riscoprono divenendo più grandi, diventando ragazzi, adolescenti. In particolare quando i corpi, il corpo, e il rapporto con l’altro, accendono dibattiti nella società. (E qui si risente l’eco della grande polemica, di cui si è parlato anche da noi, sulla censura del libro Bien trop petit, che in fondo tratta proprio di cambiamenti del corpo e di come questi possano influire sulle future, o fantasmate, relazioni di chi, quel corpo, lo abita).

Simbolo della manifestazione di quest’anno il personaggino rosa (“il chewing-gum buffo”) creato dall’illustratrice Albertine per il poster ufficiale.
La fiera del libro di Montreuil si inaugura tradizionalmente con una festa ad invito il mercoledì dalle 18 alle 22. Nonostante sia già aperta al pubblico in giornata, chiude i battenti più presto del solito per far spazio, negli stand, ad un insieme variegato di stuzzichini, aperitivi, panettoni salati o, più miseramente, chips e succhi di frutta – a seconda dell’importanza (e del budget) della casa editrice.

Nei vari stand, a volte affittati e gestiti direttamente dalle edizioni, a volte dati in gestione a dei librai di fiducia, si affollano da un lato il personale, lievemente esagitato, dall’altro un’orda di rappresentanti, editori, uffici stampa, giornalisti, (altri) librai. Nonché amici degli amici degli amici, invitati perché amanti del settore (o del cibo gratis).

L’ambiente è un po’ caotico e si respira una lieve, diffusa agitazione: è il momento in cui si stringono accordi, in cui la maggioranza degli editori è presente in massa, in cui, in particolare quelli più piccoli, tentano di fare bella impressione e sfoggiare le loro nuove uscite con librai e commerciali. Gli autori sono poco presenti o per nulla, si sente un gran brusio, le vendite (almeno, al dettaglio) sono sospese. Fa caldo e, dopo un primo momento di grande esaltazione (personalmente, come sempre quando mi trovo di fronte a una marea di libri), scatta veloce la voglia di andarsene, anche solo per riuscire di nuovo a respirare.

Giovedì e venerdì sono, classicamente, le giornate dedicate alle visite delle scolaresche, mentre sabato e domenica è prevalente il pubblico di famiglie. Nel frattempo si susseguono le tavole rotonde, gli incontri con gli autori e i firmacopie vari agli stand.

Gli addetti ai lavori, via via che le giornate passano, iniziano a rilassarsi. Fino a scatenarsi nella festa che apparentemente è the place to be: quella del sabato sera post salone, dove si ritrovano i vari “lavoratori dietro le quinte”, in particolare editori, uffici stampa, e autori. Possibilmente quelli più giovani, con ancora voglia di fare le ore piccole e divertirsi da festaioli.
Domenica, invece, è il giorno delle grandi premiazioni. Di cui una, molto importante, può riempirci tutti di notevole orgoglio patriottico (senza per questo confonderci con discorsi natalizi nostrani): l’assegnazione del premio La Grande Ourse alla bravissima Beatrice Alemagna. Che, nonostante sia italiana DOC, è stata insignita dall’équipe del Salone di questo riconoscimento destinato “ad un autore francofono la cui scrittura, creatività e stile sono di una portata e di un’audacia tali da marcare in maniera duratura la letteratura dell’infanzia”. Scusate se è poco (oltre che, evidentemente, strameritato).

Lunedì 4 dicembre, giorno di chiusura, torna ad essere una giornata più dedicata ai professionisti del settore – insieme ancora agli studenti, questa volta però più grandi, per la maggior parte, da quanto ho potuto notare, aspiranti illustratori.

Ci sono sempre i firmacopie. Spesso con file chilometriche di persone in coda per farsi dedicare un albo (e mi emoziona vederle davanti allo stand delle edizioni La Partie, per la star indiscussa di questa edizione, la nostra Beatrice Alemagna – di nuovo lei).

Ci sono ancora incontri e tavole rotonde. E ci sono molti autori in erba o studenti di illustrazione che fanno tappa nei vari stand trascinandosi dietro book enormi per mostrare i loro lavori. Gli editori più importanti non sono più presenti, sono già tornati in ufficio, in sede. Restano i librai, il personale degli stand, qualche editore junior o di case più piccole. Gli uffici stampa. Sono tutti più rilassati, tanto da poter essere gentili e ascoltare tutti quelli che ancora bussano alle loro porte, anche quando lo fanno sperando in un successo futuro, sognando una futura pubblicazione. Molti di loro sono soddisfatti: hanno ben venduto, alcuni titoli sono già scomparsi. Tra gli altri, alcune nuove versioni dei “libri per l’avvento” di Auzou (che hanno fatto la genialata di brevettare il loro sistema per aprire un capitolo al giorno del “romanzo di Natale”); molti, complice
ovviamente il periodo, libri per Natale.

Per il resto, chiedendo e sbirciando qua e là, sembrano continuare a farla da padrone i generi fantasy per i bambini più grandi e gli adolescenti; un po’ di romance; un po’ di girl power. Misteri e investigazione, sempre. I temi sociali, più che altro spinti dai genitori. Nessuna, eclatante nuova tendenza da segnalare, almeno così ad occhio e croce. Qualche libro atipico, che non è chiaro quanto seguito potrà avere al di là della Francia (e forse già qua), come le biografie romanzate degli stilisti, visti da bambini, di una casa editrice di Bordeaux.

Forse l’aspetto più significativo è stato, per me, il gran numero di appassionati in coda per farsi firmare gli albi illustrati: tutti adulti, o perlomeno la maggior parte, a riprova che gli albi di un certo tipo non siano destinati solo al pubblico dei bambini. Anzi. Spesso la loro qualità – sia del tratto sia della scrittura, rarefatta fino a diventare poesia – li rende più degli oggetti d’arte, adatti e apprezzabili da intenditori di ogni età. Che li acquistano e li collezionano per il loro valore intrinseco, al di là della presenza o meno di un bambino a casa.

Il che sarebbe un buon modo per superare quel pregiudizio, da qualche parte ancora presente, secondo cui la letteratura dell’infanzia (e conseguentemente, chi la scrive o la illustra) sia una letteratura di serie B. E un buon auspicio per il futuro.

Un po’ come, tornando sul personale, l’essermi ritrovata – “grazie ad una serie di fortunati eventi” – nello spazio VIP, riservato solo agli autori e agli addetti ai lavori. Come da copione, nel roof top, in alto, dopo un (bel) po’ di scale e un lungo, quasi infinito, corridoio. Dove esci fuori, respiri, e sei a fianco del gotha del settore. Che chiacchiera più o meno amabilmente (a seconda dei personaggi), sorseggia caffè o altre bevande gentilmente offerte dal bar del salone, e si intrattiene tra una dedica e l’altra. In attesa di riscendere nella “bolgia”. Posto che se fossero tutte così le bolge, straripanti di libri e di persone che amano i libri, ci metterei la firma.

Ginevra Van Deflor