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Malick, Mattia, Zaril, il Miccia, Martina Regina, Celeste e molti altri. Sono i personaggi veri e credibili di
Quando tutto brucia (Albero delle matite) , un romanzo intensamente graduale, che sale e si espande, diventa avvolgente e non ti molla più.

È una di quelle invidiabili scritture che porta il lettore fino in fondo, tutto d’un fiato; fino all’acme delle ultime pagine, del finale liberatorio che si costruisce poco alla volta ma con grande pathos. È un bel libro che non ha età di lettura, se non quella minima di chi vuole e può comprendere il mondo degli adolescenti.

La trama fila limpida, ma non è pura fabula: è un bell’intreccio, raccontato in terza persona, ma con una grande sensibilità per i differenti modi di concepire la vita e le vicende comuni.

Con la sua scrittura piena di ammiccamenti musicali, tutti molto sul pezzo, Catia Proietti rende comprensibili le diverse prospettive dei protagonisti, dei comprimari e delle comparse che, pure loro, a tratti dominano la scena.

Nella sua storia, infatti, c’è posto per tutti, perché quell’umanità ha realmente bisogno di essere raccontata, vuole mostrare la quotidiana concretezza di un quartiere di Roma, Rebibbia (non il carcere!), dove tutto accade e dove hanno avuto luogo i tragici fatti di cronaca da cui l’autrice ha tratto ispirazione.

I personaggi, quindi, vivono la necessità quasi pirandelliana di essere narrati, esposti, fino al punto di essere compresi, perdonati o condannati dal lettore o dalla lettrice, persino giudicati ma mai dall’autrice.
E poi c’è Carola.

Carola non è semplicemente un personaggio: è l’anima totale del libro. Certe storie ce l’hanno, solo alcune, non tutte. Qui c’è.

Carola è una madre che ha perso un figlio e non si dà pace fino a che non emerge la verità. Carola è ferma,
appunto, perché è il centro intorno al quale ruota tutto, fin da subito, senza che chi legge se ne accorga.
Carola non è solo una persona fisica, è un archetipo, quello della madre che non può mai smettere di essere
altro che infinito amore.

Carola parla poco, ascolta, raramente guarda il proprio interlocutore. È il grande orecchio che accoglie la
pena di ciascuno e, mentre leggi, persino a te viene voglia di confidarti con lei.

Carola, infine, non condanna, ma dice l’unica verità inconfutabile: la vita è anche caso. Ma in quel corso
indomabile e imprevedibile, le tue scelte e la tua volontà non sono irrilevanti, sono il presente e il futuro
che costruisci piano, con tenacia.

recensione di Roberto Morgese