Di questo libro non si dovrebbe fare una recensione, perché toglie le parole, visto che quelle del romanzo sono così vere. Non si immagina quanto sia bello finché non lo si legge.

Daniela Palumbo è stata davvero magica. Si è trasformata in ogni adolescente che compone un gruppo di amici, è riuscita a raccontare, forse anche a essere, ciascuno e ciascuna di loro.

Che poi, chiamarli “amici” è già una cosa grossa. Prima sono solamente otto persone diverse, sensibili, certo, ma isole. Poi, saltando una mattina la scuola per dedicarsi totalmente a uno di loro in un giorno per lui triste e speciale, “amici” lo diventano per davvero, eccome! E con una profondità talmente densa, che li avvolge come un buco nero cosmico, un concentrato di materia e energia.

E difatti nella loro vicenda c’è anche un momento di grande buio, ottico e umano, che poi esplode in un dirompente gusto per la vita.

La trama è essenziale, pochissima; serve per tenere insieme, con un filo leggero, i corpi e le voci (quanti dialoghi convincenti!) di otto ragazzi che, per un giorno, si danno alla “grande fuga”. Durante la loro avventura, in una città reale e cruda e davanti a un mare di onde e di sogni, ritrovano se stessi.

Non solamente come individui, ricucendo i pezzi sbrindellati della loro storia personale, ma anche come gruppo, sentendo di appartenersi l’uno all’altro, come solamente a quell’età accade.

In una parola? Imperdibile!

Roberto Morgese

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