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Apocalittici o integrati? Questa la premessa implicita della conferenza organizzata da ICWA dal titolo “AI in teoria e pratica – limiti e possibilità dello strumento del futuro” che si è tenuta l’8 aprile 2024 nella sala Notturno della BCBF.

di Lucio Majelli

Moderata da Manuela Salvi, scrittrice e co-fondatrice di ICWA, la conferenza ha ospitato Giacomo Giaquinto, narratore e scrittore e Gianluca De Ninno, antropologo e studioso di intelligenza artificiale. Dopo il saluto e l’apertura del Presidente di ICWA, Roberto Morgese, che invita i partecipanti a prestare attenzione a un “mondo che cambia” con la giusta predisposizione all’ascolto, si entra nel vivo.

Manuela Salvi apre la conferenza con un excursus sulla galassia mediatica e le evoluzioni di scoperte e tecnologie che hanno impattato sul nostro quotidiano. Dall’automobile alla fotografia, la civiltà ha sempre assistito a un cambiamento nel modo di concepire i mezzi di espressione, di trasporto, di relazione sociale. Alla base della premessa di Manuela, la riflessione e l’invito ad aprirsi a un’evoluzione inevitabile e non per forza negativa. Nonostante le numerose proclamazioni di natura apocalittica associate all’emergere del sistema digitale, la tecnologia rimane una presenza costante e integrata nei vari aspetti della nostra vita.  Le professioni cambiano, i mestieri si evolvono, la società progredisce e muta. L’intelligenza artificiale, vista in quest’ottica si afferma come un oggetto culturale in costante cambiamento, continuando a ridefinire e ad adattarsi alle forme di espressioni esistenti senza l’intento di sostituirle.

La parola passa a Gianluca De Ninno che, con grande preparazione prova a restituire la giusta interpretazione sul mezzo AI. Nonostante l’hype degli ultimi due anni e al contrario di quanto si possa supporre, l’intelligenza artificiale è un processo graduale al quale si è arrivati per step e non nasce da un’intuizione giovane né da una “scoperta” improvvisa.

Papa Francesco con piumino bianco versione rapper, ma è un fakeMentre sullo schermo viene proiettata l’immagine diventata virale di Papa Francesco che indossa un piumino bianco, realizzata con Midjourney da Pablo Xavier, un operaio edile diventato popolare sui social per aver creato la foto, ci si chiede quanto il punto non siano piuttosto la creduloneria eccessiva, la mancanza di capacità di giudizio o l’eccessivo stordimento mediatico a dover preoccupare. E questo prescinde dall’uso dell’AI, è tutta una questione umana.

Anche il tema politico emerge forte nell’intervento di De Ninno. l’AI Act recentemente approvato dal parlamento europeo, presenta delle falle e sembra essere un’azione troppo istituzionale che non ha coinvolto quanto avrebbe dovuto gli esperti del settore e chi con l’AI ci lavora e ne percepisce veramente limiti e possibilità.

Anche se l’atto costitutivo vieta i sistemi di categorizzazione biometrica basati su caratteristiche sensibili, l’estrapolazione indiscriminata di immagini facciali da internet e i sistemi di riconoscimento delle emozioni, non è chiaro secondo De Ninno, quali meccanismi di apprendimento delle AI stiano alla base della creazione di video e immagini.

Si sfiora il tema del neoluddismo, con una provocazione che viene lanciata alla platea. La proposta di un’azione di disturbo per “avvelenare” l’AI dandogli in pasto immagini con watermark  riconoscibili, in modo da scoprire se effettivamente i nuovi visual di output violino o meno il copyright.

È la volta di Giacomo Giaquinto, dotato di una voce inconfondibile e coinvolgente grazie ai suoi trascorsi da doppiatore. Tra battute di spirito e capacità di intrattenimento, Giacomo mostra la possibilità di rivisitare le forme espressive esistenti in chiave digitale. Lo fa attraverso un fumetto realizzato da lui, con la collaborazione di Midjourney. Un mix ben calibrato di immagini e testo.

La sua, dice, è una ricerca e l’esplorazione di un nuovo strumento artistico, un’avventura in un mondo che si dimostra spesso riluttante ad accettare elaborati realizzati in collaborazione con l’AI. Ci racconta di essere stato escluso da festival e concorsi a posteriori, solo dopo che le commissioni sono venute a conoscenza dell’utilizzo di Midjourney, e non prima, dove invece erano anche pervenuti apprezzamenti.

Un mondo dove non mancano di certo gli haters, ormai una costante del mondo social, che arrivano a inviare messaggi al limite dell’intimidazione per l’utilizzo di uno strumento considerato “poco etico”. Messaggi che Giaquinto legge scherzandoci su.

Si passa poi alla fase pratica. Proprio attraverso Midjourney, il sistema di generazione text-to-image capace di trasformare un semplice prompt di testo in un’immagine plausibile, Giacomo e Manuela invitano la platea a suggerire un prompt per far realizzare un’immagine all’AI. Un bambino con l’aquilone si disegna sullo schermo. Poi, un ragazzino in bicicletta. Appare evidente la difficoltà della macchina di restituire fedelmente uno stile richiesto e soprattutto di creare immagini in movimento (le gambe del ragazzino in bici sono ferme e non danno l’impressione di avere “vita”). Gli apocalittici tirano un sospiro di sollievo. Gli integrati si incuriosiscono, pensando già a un modo di collaborare in una nuova versione creativa uomo-macchina.

Sì, ma. C’è un “ma” che non viene esplicitato apertamente ma è più un brusio di sottofondo, “al momento l’AI non riesce a fare tutto, ma presto ci riuscirà”. Inevitabile, alla fine degli interventi, il dibattito acceso da parte del pubblico. Una discussione che allunga di molto i tempi della conferenza la cui fine prevista per le 16.30 si sposta oltre le 17.00.

Le motivazioni degli apocalittici esprimono i dubbi già espressi nel saggio di Umberto Eco (Bompiani). La paura di un appiattimento delle opere creative e di ingegno e una conseguente perdita di originalità; la perdita di “coscienza di sé” da parte del pubblico che rimarrebbe vittima di una cultura di massa che genera prodotti e non opere d’arte; la perdita di senso del mestiere dell’artista e dell’aspetto artigianale del proprio modo di fare arte.

Gli integrati invece rispondono con l’entusiasmo di fronte all’apertura di un sistema altrimenti chiuso e la possibilità per tutti di esprimere il proprio mondo creativo, dove a questo punto sarebbe invece proprio l’originalità a emergere, in un sistema “democratico” che permette a tutti gli stessi strumenti; la convinzione che la cultura di massa nella produzione di prodotti commerciali che sono ben diversi dalle opere d’arte, non danneggia l’arte vera, non proponendosi come alternativa ad essa.

Riflessioni interessanti, punti di vista diversi. Manuela Salvi fa un paragone con la musica, dove l’autotune e i “prodotti” commerciali in serie sono stati accettati di buon grado e hanno immesso sul mercato una grande quantità di pacchetti discografici con milioni di stream sulle piattaforme dedicate.

Integrati entusiasti quindi di trovare nell’AI un nuovo mezzo, una via di espressione da utilizzare nel proprio workflow creativo, così come già avviene da tempo con tavolette grafiche e software di fotoritocco. Per loro l’AI è un’altra freccia al proprio arco che aggiunge qualcosa e non la toglie.

Apocalittici sospettosi invece e spaventati dalla velocità di evoluzione dell’intelligenza artificiale, come ad esempio l’immissione sul mercato di Sora, che aggiunge al text-to-image l’evoluzione del text-to-video, scuotendo anche il dorato mondo di Hollywood. Apocalittici preoccupati, che si proiettano in avanti, dentro a scenari dove il mondo umanocentrico è destinato a lasciare il posto a un mondo Ai-centrico. 

Rimane una domanda, una bella domanda che scaturisce da questo confronto interessante e gestito con competenza dai relatori. “Cosa distingue veramente l’essere umano dalla macchina?”. E forse, uscendo dalla sala Notturno, questa domanda dalla difficile risposta ha accompagnato tutti gli intervenuti come sottofondo dell’intera giornata.