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Traccia dell’intervento di Sofia Gallo al convegno “Pagine aperte: letteratura senza frontiere per ragazze e ragazzi” organizzato il 23 novembre a Ventimiglia, nell’ambito di Scampia Storytelling – Festival delle Periferie 2023.

Non ho insegnamenti o teorie o soluzioni delle problematiche relative ai problemi migratori e più in generale alle problematiche che coinvolgono i giovani e la scolarità. Lo scopo dell’intervento è illustrare lo sforzo fatto con i miei libri per calare i discorsi astratti di accoglienza, non violenza, pace, inclusione, scambio, nelle molteplici relazioni tra giovani e giovanissimi e tra giovani e adulti (presente sempre la dinamica di gruppo nelle mie narrazioni, mai il semplice scontro/incontro bipolare), che “metto in scena” come uno spaccato “possibile e verosimile” della realtà.

Nel corso della lettura si incontrano dunque situazioni, dialoghi, scontri, drammi, paure, emozioni e i lettori possono confrontarli con il loro modo di comportamento quotidiano, possono decidere da che parte stare, possono trovare spiragli di conoscenza di sé stessi, possono modificare atteggiamenti, possono rifiutare, contestare, criticare, ma alla fine il risultato sarà una maggiore consapevolezza del significato dei paroloni a volte sbandierati dai media o dalla politica.

Forse alcune positività si possono radicare e diventare parte di loro stessi. Questa è la speranza.

Parlando di Interrelazione nel quotidiano parlo del filo conduttore della mia attività di scrittrice a partire dagli anni ’90.

Prima molla: la curiosità e l’ascolto. Senza curiosità e senza ascolto non si arriva a relazionarsi con l’altro. Con ci sarà interazione, non ci sarà scambio. Dai primi albi basati sulla curiosità, coltivata nella vita e nei viaggi, ai 12 libri bilingui (storie di tradizione raccolte a viva voce e pubblicate con testo a fronte in lingua originale e un apparato linguistico) editati con Sinnos editrice di Roma, per cui ho curato la collana Zefiro. I primi albi relativi al coniglietto troppo curioso e all’elefantino che voleva vedere il mare (premio Baia delle favole 1991) sono fuori commercio. Esistono invece ancora nell’archivio storico del sito Sinnos, I bauli dell’eredità (Marocco), I cavalieri di Re Lev (Ucraino), Zaina, figlia delle palme (Giordania), Leyli che vola (Turchia), Sotto il baobab (Senegal), Leone, boa e galline faraone (Congo), Il duca yé e la passione dei draghi (Cina), Nadeem, andata e ritorno (Sahara): Leggende di Cusco (Perù), Fiume di stelle (Cina), Lo spaventadraghi (Romania), 7 favole dall’India (India) sono reperibili solo in biblioteca.

Sono reperibili anche i 4 libri sempre scritti a quattro mani editi da Giralangolo nella Collana Paesi e popoli del mondo: Romania, Perù, Il sogno di Jlepa (popolo rom) e Anatuf e gli uomini blu (tuareg).

Nonché Il Suonatore di flauto edito da Euno edizioni – Siké, racconto costruito con le storie afghane raccontatemi da Mohammed Mussa Rezai.

Seconda molla: il potere della lettura celebrato con il libro Almacanda, la biblioteca parlante edito da Notes e rieditato nel 2023 dopo numerose ristampe (vincitore premio Cento).  Sono sostenitrice accanita della lettura come potere salvifico. Sono consapevole che leggere è una capacità che si acquisisce con la fatica, come qualsiasi altri attività. Bisogna imparare a leggere e farlo con amore e passione, tenersi il libro come compagno fedele da cui attingere una sorta di specchio delle nostre emotività. I buoni maestri sono fondamentali, sono quelli che ci educano al bello e al ricco. Infatti, non credo tanto che la rivalità oggi sia tra strumenti visivi e scrittura/lettura, sono due media comunicativi altrettanto fondamentali, quanto tra buoni e cattivi strumenti visivi e buona e cattiva scrittura.

Terza molla: la lotta al pregiudizio.

Qui mi permetto un inciso. Credo che oggi si offrano ai giovani pessimi esempi. Penso che socialmente siano esposti a diversi rischi. Esulando da qualsiasi giudizio sulle migliaia di bravissimi insegnanti e genitori e famiglie che fanno il massimo per i loro figli, in generale la società è malata, ha costruito un mondo privo di regole condivise, deresponsabilizzato, in cui esiste una giustificazione per tutto, un vittimismo diffuso, e una enorme incapacità di conoscere, individuare, allarmarsi delle proprie emozioni istintive e imparare a gestirle.

Di queste analisi sono oggi, e non solo da oggi, pieni i media, sociologi, avvocati, educatori si interrogano su cosa possa aver scatenato gli eccessi di violenza che vediamo a giorni alterni. Si dice non sono raptus, si dice che si tratta di qualcosa di sistemico: qualcosa di intrinseco a un sistema che serve violenza insieme a possesso, insieme a incapacità di gestire il rifiuto, l’abbandono, il fallimento.

E io credo che il razzismo, che è pregiudizio, possesso dei propri spazi e dei propri presunti valori, dei propri confini territoriali, sia parte integrante di questo sistema. Si dice, a ragione, che le responsabilità individuali vanno scisse dalle responsabilità collettive, ma il vero problema è che i soggetti che peccano di razzismo non conoscono il senso di responsabilità, né il prezzo da pagare in seguito alle proprie azioni. E non dimentichiamo che in questa spirale di violenza cadono anche moltissimi stranieri, precipitati qui con aspettative il più delle volte disattese, abbandonati e risucchiati in un mondo di “risse” e “sfide” pericolose.

C’è una scarsa analisi del terreno emozionale, una sottovalutazione dei sentimenti, una assenza di ascolto e di dialogo, un bruciare le tappe di crescita, per cui ragazzine e ragazzini a undici anni pensano di potersi comportarsi come adulti, un’offerta video sui social oggettivamente devastante e tutto ciò genera una scarsissima consapevolezza emotiva, disagi, aggressività, e rabbia. Da qui deriva l’emarginazione, il bullismo, la prevaricazione sui più deboli, sia essi donne, anziani, stranieri, malati, portatori di Handicap…

Senza contare che la violenza può ricadere sugli altri, ma anche su sé stessi. Pensiamo ai suicidi di giovanissimi, al consumo di droghe pesanti, ai tagli e così via.

Dunque si è molto lontani veramente dalla costruzione di una società paritaria.

Fatta questa lunga e forse banale premessa, quando ho preso la penna in mano, molti anni fa con l’intento di rivolgermi ai ragazzi, mi sono chiesta quale fosse il compito di uno scrittore per un pubblico giovane.

E la conoscenza dell’altro e quindi l’abbattimento del pregiudizio e la riformulazione di un giudizio che non parta da sé stessi, ma dallo scambio con l’altro è diventato il fil rouge di tutti i miei libri.

Si dirà che lo fanno tutti. D’accordo. Ma credo che sia difficile farlo in modo totalmente credibile, cioè scomparendo come autore e facendo veramente vivere i tuoi personaggi. Non ci deve essere niente di artificioso nei libri, niente di calato dall’alto.

Sono addivenuta alla certezza a che molti mali di oggi si potrebbero calmierare attraverso la lettura. Leggere non lo fa più nessuno. Dai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti. Si adduce la scusa del tempo, si rivendica la noia, il non interesse e si pretende di stare nel giusto.

Non si legge. Si scrive un sacco, ma si legge poco. Non mettiamo altri cartelli, altre pezze ai nostri problemi, riprendiamo i libri in mano.

E nello scrivere assumiamoci le responsabilità della costruzione di un mondo emotivo reale e di educare al rispetto. Che permetta al lettore di riconoscersi, di capire che non è solo con i suoi problemi, di indentificarsi o infuriarsi con un personaggio, di analizzare il dramma e la violenza e di esorcizzarla. Leggiamo le tragedie greche, rileggiamo i grandi classici (forse e meglio ce ne parlerà Luigi, nel suo intervento). Esploriamo e facciamo esplorare l’animo umano nel tempo e nei luoghi più disparati.

Venendo al mio lavoro di narratrice che ha seguito l’ambito propriamente dell’intercultura ecco alcune proposte e i “temi” che in esse si possono riscontare”.

Premetto che detesto personalmente e ritengo sviante lo scrivere per temi: in ogni romanzo di avventura esiste la compresenza sempre di più temi: se la narrazione deve essere uno specchio di realtà, ben sappiamo che la vita non è a tema. Crescere con una propria identità, comporta fronteggiare non solo diverse persone e situazioni, ma sapersi muovere anche nei cambiamenti repentini e inaspettati e saper decidere da che parte stare.

Stranieri: Sinnos_Giralangolo_Euno Edizoni _Edizioni Gruppo Abele_Mammeonline. Libri per creare un momento di riconoscibilità, identitario. Gli stranieri ci sono non solo come presenze fisiche, ma come lingua, come luoghi, come cibo, come religione, come interrelazioni.

Fiabe e luoghi. Momento per ricordare chi si era e da dove si viene. La narrazione di tradizione fa conoscere il mondo. Bisogna tirare fili. Cantare insieme. Riprendiamo quei fili. Li abbiamo lasciati perché sommersi dai problemi. Cosa cambia con le seconde e le terze generazioni?

Accoglienza. Io e Zora (Giunti). Chi ha ragione? I prof o Silvia?

Responsabilità: I lupi arrivano col freddo (Giralangolo). Chi ha sparato a chi? chi si sente offeso, ha diritto di reagire? Chi ha un problema quanto del suo ci deve mettere per venirne a capo? In una settimana (San Paolo) Di chi è la colpa? Vittimismo. Soprese se ci si fa delle domande sugli altri.

Pregiudizio: Mistero sul lago (Giralangolo). Mi crederanno?

Conoscenza: Il sogno di Llepa (Giralangolo)

Violenza e dialogo in famiglia: L’ultima mela (Settenove)

Lezioni dalla storia: Diritto di volare (Giunti)- anni ’70 -, La lunga notte (Lapis) – il colpo di stato in Cile – , La mini e la luna (Istos-Libri volanti) – il ’69, un anno di eventi straordinari.

Grazie dell’occasione e concludo con un leggiamo, come invito, speranza di condivisione e di pace.