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everyone needs a good editor2Sabato 9 giugno 2018 si è tenuto presso la Libreria dei Ragazzi di Milano il corso di formazione su Editing, con due relatori: Stefano Izzo, editor per la narrativa adulti di DeaPlaneta, e Daniela Gamba, editor per ragazzi di Feltrinelli e Gribaudo. Ecco il resoconto scritto dalla socia Fulvia Degl’Innocenti.

Stefano Izzo, prima di approdare a DeaPlaneta, ha lavorato per 12 anni in Rizzoli. Ha imparato tutto sul campo, svolgendo varie mansioni: dalla valutazione dei manoscritti, all’editing, al confezionamento dei testi. Sotto le sue mani sono passati molti libri, due dei quali hanno vinto il premio Strega. Il suo intervento ha introdotto il tema del pitch, cioè la capacità di riassumere in poche frasi un progetto editoriale per convincere della sua bontà i diversi settori di una casa editrice, dal direttore editoriale al marketing. «Quando leggo un romanzo che mi piace mi chiedo subito come posso raccontarlo diciamo nel tempo della salita di un ascensore. Un direttore editoriale ha poco tempo per starmi ad ascoltare e devo dargli in 60 secondi dei motivi validi per investire i soldi della casa editrice. Una volta convinto della bontà del progetto, il ruolo dell’editor è quello di assicurarsi il sostegno di tutti: il direttore commerciale, l’ufficio stampa, l’art director.

Quando valutiamo un’opera (e un editore grosso riceve circa 1.000 proposte di romanzi all’anno) dobbiamo capire se l’idea di fondo è abbastanza forte per farsi largo nel mare di novità che escono ogni anno, 60.000 secondo i dati dell’AIE, di cui 15.000 di narrativa italiana. Tra di esse molti doppioni, storie non ben connotate. C’è la necessità di circoscrivere il pubblico a cui si riferisce un’opera».

Dal pubblico arriva una domanda che sta molto a cuore agli scrittori:

«Rivolgersi a un agente ha degli effettivi vantaggi per essere presi in considerazione in una casa editrice?

«Un agente se è bravo», risponde Izzo, «è un ottimo interlocutore, che ci aiuta nella cura dell’autore. Sa già come muoversi, evita perdite di tempo. È anche vero che un agente per una casa editrice è un costo.

Altra domanda: «È un vantaggio aver pubblicato già per ragazzi?».

«Non molto, poiché una volta approdato al mondo della letteratura per adulti è in un certo senso vergine, poiché si rivolge a un altro pubblico».

 

In merito alle competenze di un editore, Izzo spiega che ci sono molti che si improvvisano, che si ritengono editor solo perché hanno letto un po’ di libri e conoscono la grammatica e la sintassi. Questi al massimo possono offrire una revisione di un testo senza però avere una competenza soddisfacente del mercato. Un editor interno a una casa editrice ha invece la finalità di rendere il libro aderente al pubblico a cui la casa editrice si rivolge.

«Sull’editing non ci sono manuali», prosegue Izzo. «È un mestiere così affascinante perché si basa sull’empatia e la conoscenza di un autore per capire fino a dove può spingersi per lavorare sul suo testo. Occorre far capire all’autore che non è un nemico ma un alleato. Un autore che trova il suo libro migliorato sarà più felice e motivato. Un editor cerca di capire quello che non funziona, taglia, aggiunge, interviene nel processo creativo, individua ciò che funziona per valorizzarlo. Un editor si sente partecipe, il libro su cui lavora lo sente proprio. Ma è sbagliato ritenersi un coautore, il suo lavoro deve essere invisibile, non deve modificare la natura dell’ispirazione. Sono pochissimi gli autori che non hanno bisogno di un editing, tutti, anche quelli premiati, fanno errori. Editing significa mettersi nei panni del lettore».

Daniela Gamba, che prima di approdare in Feltrinelli aveva lavorato per Salani, parte con una definizione: «Il libro è un oggetto che viene messo sul mercato affinché venga fruito da un pubblico vasto». Quella di dedicarsi ai ragazzi è stata una scelta: il suo obiettivo era la qualità. Avere a che fare con gli autori italiani è l’esperienza più completa, poiché si ha modo di seguire un libro dall’inizio. Anche per lei si è trattato di un lavoro che si è affinato sul campo: «Non ho avuto nessuno che me lo ha insegnato».

«Un buon libro per bambini presenta situazioni che il piccolo lettore può riconoscere ma che lo facciano andare oltre sé stesso. Per giudicare un libro mi fido delle mie sensazioni di pancia. Preferisco valutare un’opera che nasce da un’esigenza interiore. È difficile entrare in un rapporto dialettico con l’autore. Per prima cosa condivido con lui il modo di procedere, nella seconda stesura c’è la verifica di quanto indicato. Nella terza fase non ho più il necessario distacco dal testo e allora chiedo aiuto a un redattore, perché un altro punto di vista è importante. Considero l’autore sacro, è giusto che abbia l’ultima parola. Spesso ho bisogno di altri pareri, e chiedo un riscontro a un lettore esterno.

Nella fase del sell in devo convincere i vari settori della casa editrice e le librerie della bontà del prodotto. Finalmente nella fase del sell out si arriva al pubblico. L’ideale sarebbe che la prima tiratura si esaurisca entro un anno».