estratto da un romanzo in versi (liberi)
la protagonista bambina si è “sdoppiata”: di giorno è al sicuro in un paese europeo, di notte invece è in fuga da un paese in guerra (pensavo, senza nominarla, alla rotta balcanica”), l’idea sarebbe di stampare una parte a specchio (ma per ora mi manca il programma), la mancanza parziale di punteggiatura si spiega nel testo
di notte metto un piede avanti all’altro
e ripasso le lezioni che ricordo
i compiti di quando andavo ancora a scuola
quando non ci penso mi fanno meno male
le vesciche sui talloni e quella sull’alluce sinistro
sento meno anche l’acqua che entra nelle scarpe
ma i miei piedi ormai vanno in automatico
una volta la mamma mi diceva “metti lo spray!”
per non fare passare l’acqua troppo presto
in matematica avevamo fatto le operazioni
con dei numeri sopra mille, e anche diecimila
e centomila. conto i passi, faccio attenzione
a non sbagliare, a non saltare, poi
penso ai numeri dei giorni, degli anni
della data di nascita, ai compiti di
geometria. ai cerchi e ai rettangoli
cammino e conto e quando vedo pozzanghere
descrivo la forma con i pensieri:
un ovale irregolare, un plurilaterale irregolare
e alla fine per riposarmi conto i sensi con le dita
e adeguo il ritmo dei piedi al momento
al punto sulla terra che tocco: uno (il pollice)
la vista ora notturna sui massi e sugli abeti
il cielo, ombre e nuvole, una stella
due (pollice e indice) l’udito di notte
i versi nel bosco della civetta, gli scricchioli
dei rami, e l’autostrada vicina. l’udito
può nascondere i pericoli, o mettere in guardia
nel mio orecchio ormai c’è un ripostiglio con
ricordi di rumori brutti, di aeri e bombe, di muri
che crollano, di sirene e ambulanze, pneumatici
frenate, grida di tutti i tipi. preferisco
non avvicinarmi perché cammino meglio quando
posso pensare a altro. all’udito nel bosco e al tatto
il tatto (tre: il pollice, l’indice, il medio) in cammino
di notte il contatto con i calzini bagnati
un po’ sono freddi, un po’ sono caldi perché
sudo, il contatto delle dita che si toccano
intorno al sassolino liscio nella mia tasca
tocco e annuso la notte, l’olfatto scuro, oscuro
l’odore (quattro: tre più l’anulare) entra
nel naso insieme all’aria, l’aria lo trasporta,
è più forte quando c’è vento, quando
l’aria accelera, odore di conifere, di fango
di pipì del bambino piccolo sulle spalle
della donna davanti a me, non è il momento
cambiarlo ora, i pannolini usa e getta sono rari
e i cenci di stoffa non si asciugano da giorni
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